Un viaggio da Trieste a Taranto

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Il documentario-inchiesta sul futuro di Taranto. E sul nostro.

Dopo la prima nazionale a Torino al Festival Cinemambiente, Taranto Chiama ha intrapreso un tour partecipato che in pochi mesi ha già toccato Festambiente a Rispescia con il Clorofilla Film Festival, Taranto — la città simbolo della vicenda — e Genova, nei quartieri operai di Cornigliano e Certosa.

Un viaggio che parte dall’abbattimento della Ferriera di Trieste, impianto siderurgico altamente inquinante nel quartiere di Servola, fino al quartiere Tamburi di Taranto, dove il 7 maggio 2025 è andato a fuoco l’Altoforno 1 del polo ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. “Ho cercato di ricostruire la solidarietà tra popoli inquinati, ma anche di far comprendere cosa è sostenibile per la vita umana. Racconto la storia e le storie di comunità che rappresentano tutti noi”, spiega la regista e co-produttrice Rosy Battaglia.

Taranto Chiama restituisce con rigore giornalistico e potenza visiva la vicenda di una comunità ufficialmente riconosciuta “zona di sacrificio” dall’ONU, con motivazioni gravissime, come ricordato nel film dal Commissario speciale ONU per il diritto ad un ambiente sano e sostenibile, Marcos A. Orellana. Una città già colpita da cinque condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo (2019–2022) per la mancata tutela della vita privata dei cittadini.

Le vicende intorno al polo siderurgico — il maggior emettitore di CO₂ d’Italia — hanno contaminato il territorio in un raggio di 20 km, con diossine e furani penetrati anche nel latte materno, come attestano documenti ottenuti attraverso il Freedom of Information Act (FOIA) e messi a disposizione dell’Ordine dei Medici di Taranto. Una vicenda che non riguarda solo la città ionica: è specchio di scelte politiche, economiche e sociali che toccano l’Italia e l’Europa, fino alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 25 giugno 2024.

Per cento minuti, lo sguardo della regista si posa sulle voci e i volti delle madri che lottano per la vita dei propri figli, dei medici che affrontano gli effetti dell’inquinamento, degli attivisti “cacciatori di dati” e degli avvocati che difendono l’ambiente e la salute pubblica, insieme agli operai che chiedono una riconversione. “Voci che chiamano non aiuti di Stato, ma che lo Stato garantisca la salute pubblica e restituisca a Taranto la sua bellezza”, sottolinea l’autrice.

Alternando le immagini del golfo di Taranto — culla di delfini e cetacei — alle campagne, al Mar Piccolo e al Mar Grande, al fiume Tara, alle masserie, al Museo nazionale MarTA e alla Città vecchia ora in rinascita, il film racconta i primi embrioni di un futuro sostenibile: dalla mitilicoltura all’economia sociale e culturale nata dal basso, con una nuova generazione di imprenditrici e imprenditori.

“Volevo un racconto accessibile per far capire anche alla generazione Fridays for Future, anch’essa protagonista del film, perché la tutela della salute e dell’ambiente di una città contaminata è un problema di giustizia e di cittadinanza per ogni italiano. Per questo Taranto Chiama è dedicato a Celeste Fortunato, giovane madre del quartiere Tamburi, a Emilia Albano, attivista dei Genitori Tarantini, e a tutte le vittime dell’ingiustizia ambientale”, conclude Rosy Battaglia.

Il viaggio continua… [Scopri le prossime date]

 

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